Uno studio sulle condizioni di lavoro dei rider condotto dalla redazione di Unicollege
Durante il corso di Web reportage narrativo dell’indirizzo Giornalismo digitale la nostra redazione si è concentrata nello studio delle condizioni di lavoro dei rider. Abbiamo analizzato i loro contratti ed intervistato una realtà cittadina virtuosa nel campo delle consegne a domicilio. Il risultato è questo reportage narrativo: Riders on the storm.
Introduzione
Nel 2022 il settore dell’ e-commerce alimentare in Italia ha generato introiti per 4,7 miliardi di euro. Di questa cifra ben il 44%, ovvero 1,8 miliardi di euro, è stato generato dal settore del food delivery. Tale settore, arrivato in Italia nel 2018 con l’avvento delle prime piattaforme online, è in costante crescita con un aumento delle entrate pari al 20% rispetto al 2021. I dati, forniti dalla sesta edizione della Mappa del cibo a domicilio in Italia di JustEat, mostrano come questo ambito sia in continua ascesa generando profitti sempre maggiori. Questi però arricchiscono soltanto le grandi piattaforme che lo controllano. Infatti, è ben evidente la dicotomia tra gli introiti generati dalle aziende e le condizioni di lavoro dei rider che lavorano senza soste né tutele nel traffico delle nostre città per cifre irrisorie.
I giganti dell’ e-commerce alimentare poggiano le loro fondamenta su un esercito di riders che pedalano invisibili.

Chi sono i rider?
I rider sono i fattorini del food delivery, consegnano generalmente cibo ma anche altri beni di consumo. Infatti tra questi ci sono pannolini, sigarette e articoli sanitari, ad ogni ora del giorno, sette giorni su sette. Tra di loro c’è chi lavora per pagarsi gli studi e chi per mantenere la propria famiglia. Ma tutti sono accomunati da un elemento in particolare. Non devono infatti faticare soltanto nelle ore lavorative, ma anche per ottenere dei diritti ed essere tutelati come gli altri lavoratori. I rider sono il vero motore di questa industria ma a loro vengono lasciate solo le briciole.
Come si diventa rider?
Il processo per diventare rider è estremamente semplice. Non sono necessari particolari requisiti. Serve solo il raggiungimento della maggiore età ed essere in possesso di un mezzo proprio e di uno smartphone. Dopo aver compilato i moduli online presenti nella sezione dedicata del sito di delivery come JustEat, Deliveroo, Glovo, ecc. e il gioco è fatto. Si dovrà solo aspettare l’esito della candidatura. Poi si firma il contratto che ci verrà inviato via mail ed ordinare il kit base comprendente indumenti ad alta visibilità, zaino termico per il trasporto del cibo. E, solo nel caso in cui il nostro mezzo sia una bici, un casco.
Come lavora un rider?
Come detto precedentemente il rider è il fattorino del food delivery, ovvero colui il quale consegna l’ordine direttamente a casa del cliente che lo ha effettuato. Il cliente, infatti, dal suo smartphone può scegliere tra una vastissima gamma di ristoranti convenzionati. Può ordinare ciò che preferisce, effettuare il pagamento e attendere la consegna. A questo punto l’ordine viene inoltrato e ricevuto dal ristorante e dal rider al quale la consegna è stata assegnata. Il ristorante, così, va ad iniziare la preparazione del pasto e il rider nel frattempo può muoversi per andare a prenderlo. Qui, una volta confezionato il cibo, ritirerà l’ordine e sarà pronto per consegnarlo al cliente. Apparentemente, fin qui, sembrerebbe tutto normale. C’è però un dettaglio che abbiamo trascurato: in base a cosa è stato scelto proprio quel determinato rider?
Ed è qui che entra in gioco il primo misterioso personaggio di questa storia: l’algoritmo.
La logica dell’algoritmo
L’ algoritmo è un software di proprietà della piattaforma di food delivery che analizza una serie di dati e decide a quale rider proporre la consegna. Lo scopo è quello di garantire la massima efficienza e la minima attesa al cliente. Da questo software dipende il numero di consegne di ogni fattorino e di conseguenza, essendo la paga direttamente proporzionale alle consegne effettuate, il suo stipendio. Così, quando un cliente effettua un ordine attiva l’algoritmo di consegna che crea un ponte tra l’ordine, il ristorante e il rider scelto. La piattaforma Deliveroo afferma che l’unico criterio su cui l’algoritmo si basa nella scelta del fattorino è l’efficienza. Ciononostante sul sito dell’azienda il software non viene mai nominato e il suo reale funzionamento è coperto da segreto industriale.
La spietatezza dell’algoritmo
Navigando in rete alla ricerca di informazioni a riguardo mi sono imbattuto in vari siti che tentano di fornire una reale spiegazione del suo funzionamento. Ciò che ho potuto evincere è che l’algoritmo utilizza un metodo spietato per assegnare le consegne. Infatti questo software si avvale di tre dati principali. Uno è il rating del rider, ovvero il punteggio accumulato dal fattorino nelle sue consegne precedenti. Poi c’è il ranking dei rider, cioè la classifica di tutti i fattorini disponibili. Infine c’è il punteggio assegnato alla consegna stessa. Inoltre l’algoritmo analizza anche dati riguardanti il tempo stimato per completare la consegna. Tra questi troviamo quello per arrivare al ristorante e da lì al luogo di consegna. A questo punto, una volta individuato il rider migliore per la consegna, viene inviata una notifica sul suo smartphone. Qui lui potrà decidere se accettare o meno l’ordine. Nel caso in cui dovesse rifiutarla la notifica verrà inoltrata ad altri rider sotto di lui nel ranking.
Condizioni di lavoro, tutele e stipendi
Attualmente in Italia convivono due modelli contrattuali nel settore del food delivery. Il primo è quello di lavoro autonomo regolato dal CCNL (contratto collettivo nazionale di lavoro) di Assodelivery. Il secondo è il contratto di lavoro dipendente stipulato da Just Eat in collaborazione con CGIL, CISL e UIL.
Ma andiamo per gradi e osserviamo entrambi i modelli contrattuali.
Il primo contratto che regola il lavoro dei rider nel nostro paese risale al 16 settembre 2020. Si tratta appunto il CCNL di Assodelivery. Questo accordo inquadra l’attività del rider come quella di lavoro autonomo. Al tempo stesso le garantisce alcune caratteristiche del lavoro dipendente. Tra queste ci sono standard minimo retributivo, diritti sindacali, assicurazione antinfortunistica e sicurezza sul lavoro.
Osserviamo nello specifico alcuni passi del CCNL, che trovate anche completo qui.
Il testo del CCNLL
Innanzitutto possiamo vedere quale definizione del rider stesso venga data dal contratto.
Il testo recita come di seguito. “Il Rider, ai fini del presente Contratto e come definito in premessa, è un lavoratore autonomo che, sulla base di un contratto con una o più Piattaforme, decide se fornire la propria opera di consegna dei beni, ordinati tramite applicazione, come individuati anche dall’articolo 47-bis del D.Lgs. 81 del 2015.
Le prestazioni di lavoro autonomo tra Rider e Piattaforme sono caratterizzate dalla flessibilità delle stesse. La prestazione si concretizza nella consegna di cibo e altri prodotti ai clienti finali. Per fare ciò il Rider è chiamato a recarsi nel luogo designato, ritirare i beni ed effettuare, con mezzo di trasporto proprio, la consegna al cliente finale.”
“Il Rider non potrà essere assoggettato ad alcun vincolo di orario. Ne consegue che la sua assenza non dovrà essere giustificata e la presenza non potrà essere imposta.”
Da questa prima definizione si evince come uno dei concetti principali del contratto sia la flessibilità del lavoro del rider. Questo concetto è spesso riportato anche dai siti delle principali piattaforme di food delivery tramite lo slogan “Scegli tu il tuo orario di lavoro”. Ciò che però non viene sottolineato è che il rider guadagna solo nelle ore in cui effettua consegne. E questo fa si che per arrivare ad uno stipendio che gli permetta di vivere dignitosamente egli debba lavorare un gran numero di ore.
Continuando nella lettura del CCNL ci addentriamo poi in quello che è l’articolo dedicato al compenso dei rider.
In più l’articolo pone molto il focus su quella che è la possibilità da parte del rider di accettare o meno ogni singola consegna. Si concentra poi sui criteri che ogni piattaforma può utilizzare per decidere il giusto compenso per ogni consegna.
“Le Parti individuano i seguenti criteri che potranno essere implementati in base a modalità caratteristiche del business di ciascuna Piattaforma:
- distanza della consegna
- tempo stimato per lo svolgimento della consegna
- fascia oraria
- giorno feriale o festivo
- condizioni meteorologiche
I criteri individuati rappresentano un elenco di riferimento, pertanto le Parti potranno individuarne ed implementarne di ulteriori. Si concorda che il Rider riceverà compensi in base alle consegne effettuate, ferma la possibilità per le Parti di determinare compensi in base a parametri ulteriori.”
Da questo articolo possiamo quindi capire come guadagna concretamente un rider. Il suo compenso è definito dal numero di consegne effettuate e il valore di ogni singola consegna è dato dalle seguenti caratteristiche. Prima la distanza della consegna, poi il tempo stimato per lo svolgimento della stessa. Seguono la fascia oraria in cui la svolgerà, il giorno, se festivo o feriale, e le condizioni meteorologiche.
Infatti, come visibile in un passaggio successivo del contratto, sarà garantito al rider un compenso aggiuntivo (indennità) al verificarsi delle seguenti circostanze. Si parla di lavoro notturno, lavoro svolto durante una festività e lavoro svolto in condizioni meteorologiche sfavorevoli. Queste indennità garantiscono al rider un guadagno aggiuntivo pari al 10%, al 15% o al 20% a seconda della concomitanza di una, due o tre delle circostanze sopracitate.
L’ articolo poi si concentra sul compenso minimo garantito al rider. Questo è pari a 10 euro lordi l’ora. Ma viene ricalibrato “nel caso in cui il tempo stimato dalla Piattaforma per le consegne risultasse inferiore ad un’ora”. Risultando così in un compenso minimo ben inferiore ai 10 euro.
Per quanto riguarda le tutele, invece, il contratto parla di dotazioni di sicurezza quali casco e indumenti ad alta visibilità. Viene menzionata anche la copertura assicurativa obbligatoria dell’INAIL.
Spostiamoci ora sul modello contrattuale stipulato da JustEat con CGIL, CISL e UIL nel 2021. Questo contratto inquadra i rider come lavoratori subordinati e li inserisce in quello che è il CCNL del settore Logistica, Trasporto, Merci e Spedizioni. Questo contratto prevede ferie, malattia, maternità e festività e un compenso orario minimo di 8,50 euro ai quali vanno sommati 0,25 euro per ogni consegna effettuata.
La questione delle ore lavorative settimanali
Un’altra differenza con il modello contrattuale analizzato in precedenza è quella data dalla presenza di tre regimi orari part time di 10, 20 o 30 ore settimanali. Ad un primo sguardo questo contratto può sembrare un grande passo avanti rispetto al CCNL visto precedentemente. Ma leggendolo in maniera più attenta possiamo trovare vari punti controversi che sollevano non poche perplessità.
Innanzitutto JustEat assume un grande numero di rider con un part time da 10 ore settimanali. Questo numero di ore implica che il rider assunto non riesca a sbarcare il lunario ed abbia, quindi, bisogno di almeno un altro lavoro per arrivare a fine mese. Un altro problema è quello riguardante l’organizzazione del lavoro. Infatti, secondo quanto è scritto in questo contratto, in un dato momento della settimana la piattaforma JustEat richiederà al rider di comunicare la propria disponibilità per la settimana successiva. Così facendo riceverà gli orari dei turni da svolgere.
Questi orari non saranno modificabili in nessun modo, evidenziando una certa incoerenza nella azienda che fa della flessibilità uno dei suoi valori focali.
Le lacune ancora presenti nei modelli contrattuali
In ultima analisi anche il compenso solleva molte perplessità. Dagli 8,5 euro lordi l’ora vanno aggiunti 0,25 euro per ogni consegna che diventeranno 0,5 nel caso in cui si completino 250 consegne al mese. Si tratta di un numero ben al di sopra delle possibilità di chi lavora 10 ore alla settimana.
In conclusione dopo aver letto e analizzato entrambi i contratti si può dire che nessuno dei due sia adeguato. Entrambi presentano grandissime lacune per quanto riguarda la tutela dei lavoratori, la loro sicurezza e i compensi che non sono sufficienti per la mole di lavoro e le condizioni alle quali i rider sono sottoposti giornalmente. Rispetto agli inizi del settore food delivery nel nostro paese sono stati fatti passi in avanti, certamente. Restano in ogni caso evidenti grandissime lacune nei contratti che regolano questa professione e ciò si riversa nelle condizioni di lavoro di migliaia di persone che ogni giorno si muovono tra di noi invisibili.
Le eccezioni: Robin Food
In questo contesto fatto di contratti inadeguati, condizioni di lavoro poco sostenibili e sicurezza sul lavoro praticamente inesistente c’è, però, chi si distingue e prova a dare una soluzione reale al problema. Stiamo parlando della piattaforma fiorentina di food delivery Robin Food. Questa cooperativa propone una soluzione etica, sostenibile, ecologica e locale. La loro idea nasce dal desiderio di cercare un modo per rendere il lavoro dei fattorini più sicuro e meglio retribuito. Come infatti dichiara il loro sito ha come valori “la dignità del lavoratore, l’economia locale e il territorio”.
Ho avuto il piacere di intervistare il presidente della cooperativa, Nadim. Come vedremo ha saputo esprimere in maniera perfetta quella che è la filosofia della cooperativa e come il loro lavoro funziona.
Buongiorno Nadim e grazie per la disponibilità. Innanzitutto vorrei sapere da cosa è nato il vostro progetto.
Il progetto nasce ormai da poco più di due anni. Da lì segue tutta la scia di quella che è stata la condizione di lavoro dei rider che sono peggiorate nel tempo e soprattutto nel periodo dal 2018 al 2020. Ci sono state tante manifestazioni e scioperi. Ad un certo punto io e altri ragazzi ci siamo messi insieme per creare una cooperativa che fosse una cosa nostra che potessimo gestire noi. Io a quei tempi non ero ancora presidente della cooperativa. Le motivazioni che hanno portato le persone a creare questa cooperativa sono state le condizioni di lavoro che non erano né stabili né buone in seguito a vari anni di lavoro nel settore.
Il vostro progetto è gestito dagli stessi rider che fanno le consegne. Volevo perciò sapere proprio in materia pratica come funziona il lavoro dei vostri rider. E quali sono le differenze con le grandi multinazionali?
Di diverso è il fatto che i rider sono per la maggior parte soci della cooperativa. Quindi lo è anche chi è per esempio il presidente o un consiglio di amministrazione amministrazione. E sono contrattualizzati. Hanno un contratto che è un CCNL, con tutti contributi, ferie, malattia, 13.ª, 14.ª che è una cosa che la maggior parte delle aziende non hanno mai voluto fare, a parte JustEat. Diciamo che questa si è discostata un po’ dalle altre multinazionali Glovo, Uber Eats, Deliveroo che sono sempre rimaste sulla prestazione occasionale o partita IVA. La differenza sostanziale quindi è quella contrattuale. Poi c’è il fatto che comunque siamo un gruppo anche relativamente piccolo e quindi c’è anche una comunicazione migliore internamente. Non abbiamo un algoritmo che assegna gli ordini ma gli ordini vengono assegnati da una persona che gestisce sostanzialmente il servizio clienti. Perciò se c’è un problema per un ordine parla con il cliente. Poi parla con un ristorante, anche con il rider. Successivamente assegna gli ordini ai rider. Siamo più trasparenti da questo punto di vista.
Come ultima domanda volevo sapere cosa ne pensasse dell’indifferenza generale nei confronti dei rider. Mi sembra non ci sia consapevolezza da parte del cliente nel momento in cui si effettua un ordine sui siti delle varie piattaforme.
Da un lato secondo me di visibilità ce n’è perché comunque come racconti mediatici se ne è parlato abbastanza spesso di questo tema. Tutta questa indifferenza non sono del tutto d’accordo che ci sia. Allo stesso tempo manca, secondo me, ancora nella popolazione un grado di consapevolezza maggiore. Serve uno sforzo maggiore nel fare la scelta sostenibile. Questo vale sia per le consegne, ma può valere anche per altro. Per esempio, è più comodo prendere il pacchetto con Amazon che però non è un sistema che aiuta la società nella sua collettività. Soprattutto è più comodo se arriva velocemente a casa. Magari costa meno e quindi la gente tende a fare la scelta che è più conveniente. Ed è difficile far cambiare
questa abitudine alle persone. Vogliono avere tutto nella maniera più semplice possibile, pagando il meno possibile. Ma non pensano che poi ci sono dei costi che vengono scaricati su altre persone. Quindi l’indifferenza è questa. Non so quanto sia totale indifferenza. Ma forse si tratta mancanza di consapevolezza. Questi problemi necessitano di tempo per cambiare perché comunque le persone si sono abituate in una certa maniera. E non cambiano da un giorno all’altro. Forse con continui racconti le persone magari riusciranno a fare un calcolo che è più complesso rispetto alla semplice convenienza.

Un anno dopo
Oggi, ad un anno dalla prima stesura di questo reportage, la situazione è rimasta immutata. I contratti non sono cambiati e la presa di coscienza della società che ci auguravamo potesse avvenire non si è ancora presentata. Nel frattempo migliaia di rider continuano a solcare le strade delle nostre città 24 ore su 24, 7 giorni su sette, rimanendo ancora invisibili.
di Samuele Ferrari