di Ottavia Nannetti
Un approfondimento per conoscere come si evolve un brand di lusso. Oggi nel nostro blog ci concentriamo su uno dei più importanti marchi mondiali, LVMH la una multinazionale francese che comprende una serie di Maison tra le più prestigiose a livello internazionale, operanti in diversi settori della moda, dei vini e della gioielleria; si è distinta nel corso degli anni per i numerosi progetti sociali ed educativi.

Introduzione
Il gruppo Louis Vuitton Moët Hennessy, abitualmente accorciato con l’acronimo LVMH, è una multinazionale francese con sede a Parigi proprietaria di alcuni dei marchi più famosi del lusso tradizionale ed emergente. Controlla oltre 70 aziende con 4592 negozi e oltre 156 mila dipendenti nel mondo, operanti in diversi settori, dalla moda come Louis Vuitton e Dior, alla gioielleria, dai vini come Veuve Clicquot o Hennessy ai retailer come Le Bon Marché Rive Gauche o Sephora.
Il Gruppo è stato creato nel 1987 con la fusione di due società: Louis Vuitton, impresa di accessori di moda fondata nel 1854, e Moët Hennessy, un’impresa specializzata in vini e alcolici creata nel 1971.
Cosa significa lusso tradizionale e lusso emergente?
I prodotti e i servizi che fanno parte della nicchia del lusso rientrano in diverse categorie che spesso non convergono in uno specifico settore produttivo di riferimento.
Questi prodotti e servizi infatti vengono erogati o fabbricati da imprese che lavorano in ambiti diversi, ricoprendo ogni tipo di categoria, dal settore automobilistico a quello alberghiero, fino al settore moda, forse il più sviluppato.
Il concetto di lusso è qualcosa di molto malleabile, che muta con il passare del tempo: è possibile rendersi conto di questo fenomeno prendendo ad esempio determinati oggetti o caratteristiche che hanno segnato un’epoca e che rappresentavano un vero e proprio stile di vita; oppure uno status all’interno della società, ma che al giorno d’oggi non hanno più valore. Allo stesso tempo si può parlare del procedimento inverso, ossia di determinati beni che in epoche passate erano molto diffusi e accessibili in termini di prezzo, ma che adesso hanno acquisito grande valore grazie alla difficoltà nel reperirli. Si pensi ad esempio, allo storico modello di auto “Topolino” prodotto dalla casa automobilistica italiana Fiat a partire dal 1936: la Topolino era una macchina molto diffusa grazie al prezzo accessibile per quegli anni, ossia poco meno di 9 mila lire (circa 4,60 euro); essendo riconosciuta oggi come macchina d’epoca il suo costo sul mercato può sfiorare cifre importanti.
Nella sfera del mondo dei prodotti di alta qualità possiamo dunque individuare “dei lussi” più tradizionali di altri, vale a dire determinati settori produttivi che fin dalla loro nascita hanno avuto delle caratteristiche comparabili al concetto di lusso odierno. La gioielleria, ad esempio, è un mondo in cui oggi possiamo trovare prodotti appartenenti a fasce di prezzo molto variegate, nonostante in origine sia nata come un’attività che fabbricava oggetti ad un prezzo che non tutti potevano permettersi; oppure che non tutti potevano acquistare con frequenza.
I settori “tradizionali” del lusso sono l’abbigliamento, le calzature, la pelletteria, la gioielleria, l’occhialeria, l’orologeria, la cosmesi e la profumeria; tutti settori in cui è sempre stato presente il concetto di conferire al prodotto finale una caratteristica che lo rendesse speciale e unico, e che potesse rispecchiare un tratto distintivo dell’acquirente.
Tuttavia, negli ultimi decenni, abbiamo assistito alla nascita o all’ampliamento di determinati settori che si sono inseriti in questo contesto dando vita a nuovi tipi di lusso. Basti pensare alla continua ricerca che i designer brand stanno dedicando all’interior design, oppure all’importanza che determinate case automobilistiche hanno acquisito recentemente. L’arte della tavola, l’arredamento, l’automobile, la nautica, l’alimentare, l’enologico, le crociere e i voli, gli alberghi, i ristoranti ed i beni culturali sono tutti settori che possono essere definiti produttori di lusso “emergente”, un tipo di lusso che si è sviluppato in tempi recenti e nei confronti dei quali le persone attribuiscono sempre più prestigio, contribuendo indirettamente all’aumento del prezzo.
La scalata verso il successo: Bernard Arnault

Se si parla di LVMH non si può non parlare di Bernard Arnault, la figura più importante nell’azienda a livello organizzativo, e una delle persone che hanno fatto la storia della multinazionale parigina. Conseguita la laurea in Ingegneria all’École Polytechnique di Palaiseau, Arnault inizialmente collabora con l’azienda di famiglia e convince il padre a vendere una parte dell’attività relativa al settore dell’edilizia. Così inizia la sua scalata verso il successo.
Fa il suo primo ingresso nel settore del lusso nel 1984, anno in cui, grazie all’appoggio della banca Lazard, acquisisce il gruppo Boussac, proprietario di Christian Dior, del grande magazzino Le Bon Marché e di altri marchi di grande spessore, salvandolo dalla bancarotta. Secondo quanto scrive il “New York Times” del 1989 e il più recente documentario Merci Patron! (2016), nei due anni successivi al 1984, nonostante Arnault abbia deciso di mettere in atto dei cambiamenti radicali all’interno dell’azienda, arrivando a licenziare perfino 9 mila lavoratori, dall’altra parte ha aiutato l’impresa a “passare da un’azienda di famiglia di 15 milioni di dollari all’anno a un’azienda 20 volte più grande”.
Nella speranza di consolidare la propria posizione, nel 1987 Henri Racamier, presidente di Louis Vuitton, chiede ad Arnault di investire in LVMH, sottovalutando la sua ambizione: in breve tempo infatti Arnault diventa azionista di maggioranza, costringendo sia Racamier, sia Chevalier, presidente di Moët Hennessy, a ritirarsi, e nel 1989 viene eletto presidente del Gruppo, ruolo che ricopre ancora oggi. Arrivato al comando, il businessman crea un nuovo team con i suoi uomini più fidati, e inizia ad inglobare nel Gruppo nuovi luxury brands, tra cui Berluti, Kenzo, Guerlain, Celine, Loewe, Marc Jacobs ed altri. Parlando della sua idea di unire sotto lo stesso tetto diversi marchi di lusso, spesso in competizione tra loro, Arnault ha affermato:
“Quello di vero lusso è un concetto relativo, che cambia a seconda delle persone. L’obiettivo di LVMH è realizzare prodotti ed esperienze, in modo da offrire ai clienti il senso di un valore autentico. E poi la parola lusso è diventata un po’ obsoleta, preferisco prodotto di alta qualità. L’importante è che in dieci anni i nostri marchi siano rimasti degli oggetti del desiderio.”
Bernard Arnault
L’odierna visione di LVMH
LVMH oggi è leader mondiale nel settore del lusso, distinguendosi non solo per la sua forte presenza sul mercato, ma anche per l’impegno che il Gruppo impiega nel promuovere la creatività, impegnandosi ad incorporarla nel campo della ricerca sin dalla sua creazione nel 1987.
Il direttore esecutivo stesso spiega come sia stato importante durante il percorso di crescita dell’azienda avere un’idea precisa degli obiettivi da raggiungere a lungo termine, soprattutto nell’ottica di far crescere le proprie Maison e per mettere in luce le loro caratteristiche peculiari che le rendono uniche.
“Le Maison del nostro Gruppo hanno sempre avuto come obbiettivo la promozione e la diffusione di un’art de vivre raffinata. Quest’espressione, a cui tengo particolarmente, significa precisamente che esse sono da secoli per i loro clienti i partner privilegiati in quest’appassionante e mutevole ricerca di raffinatezza ed eleganza.”
Bernard Arnault
Con le sue 75 Maison d’eccezione, produttrici di alta qualità, LVMH è l’unico Gruppo del settore lusso che vanta la sua presenza nei cinque più importanti segmenti del mercato: Vini e Alcolici, Moda e Pelletteria, Profumi e Cosmesi, Orologi e Gioielli e Distribuzione selettiva.
Nel corso del tempo, le Maison LVMH hanno saputo preservare ed al contempo rafforzare il proprio patrimonio materiale ed immateriale, concentrandosi costantemente sulla qualità dei prodotti e dei servizi. Per sostenere appieno questa caratteristica, e per coordinare un tale apparato, il Gruppo gestisce la sua catena del valore (cioè le attività produttive che portano al prodotto finito) tramite l’integrazione verticale: un modello organizzativo in cui l’impresa decide di inserire il maggior numero di passaggi intermedi all’interno della propria attività, dall’approvvigionamento delle materie prime di qualità fino alla distribuzione selettiva, passando per la produzione. Inoltre, il Gruppo può contare sul sostegno di più di 213 mila collaboratori in tutto il mondo.